1° classificato
Diego Fantin
Ho legato i miei sogni
Ho raggruppato i miei sogni
affinché non si disperdessero,
li ho uniti l’uno all’altro
ben fissi
e li ho guardati a lungo,
scrutati, chiamati per nome.
Poi mi sono alzato
ed in punta di piedi
sono sceso sul prato
punteggiato di fiori.
Ho guardato a lungo
i colori del prato,
ho guardato a lungo
i miei sogni tremanti,
con molta attenzione
li ho poi legati alle ali
di una farfalla che rapida
è partita
portandoli in volo con sé,
lontano.
Ho legato i miei sogni
alle ali di una farfalla, poi
ho chiuso gli occhi
e li ho ascoltati volare.
2° classificato
Silvestro De Simone
Aironi
Scende silenzioso
un velo di bruma
sullo stagno
perduto fra i giunchi,
planano aironi
sulla sua trasparenza,
un sonno
di beatitudine
si posa sulle cose.
Ora infinita e pura!
Sognano gli occhi
tramonti di porpora,
maree di luce,
ali di cristallo
e rose nell’ombra.
La dolce brezza
si trastulla fra le foglie,
sussurrando
e sospirando,
vaga farfalla
di cielo e aria.
Piange già
la sera,
fra nuvole rosa,
le sue lacrime d’oro.
3° classificata
Monica Balestrero
Nel prato
«Lasciami cantare»
sembra dire il grillo
«Che il tempo dei sogni
non può finire
con la prima pioggia dell’autunno».
«Non è più il tuo tempo»
gli risponde la nuvola
«Riparati sotto le ultime foglie
e pensa al tempo che viene,
pensa al freddo e al prato che resterà vuoto».
«Lasciami cantare»
dice ancora il grillo
«Che col mio canto
scalderò il mio cuore
e la vita del prato non appassirà».
«Non puoi vincere»
gli risponde la nuvola
«Con i sogni e le canzoni
non si fermano le stagioni,
corri a nasconderti».
Sul prato ormai silenzioso
piove e tira vento.
Perché grillo sognatore
hai dato retta alla nuvola?
Il tuo canto non poteva scaldarla
come ha riscaldato il mio cuore in estate?
4° classificata
Jolanda Serra
La corsa quotidiana
Ritrovo nei volti del mondo intorno a me
note di malinconie,
musiche di sogni passati,
solitudini cantate e amori perduti
Raccolgo sui miei giorni stanchi
vuoti silenzi che crescono
come gaggìe nei boschi
La confusione amplifica le corse
e il ritmo sfugge alla fuga di tutti;
i ricordi sfiorano appena
le corde del Tempo
che più non ci abita se non nel Presente
Tutti si cercano senza mai aspettarsi
Tutti vorrebbero conoscersi, toccarsi,
sentire se la pelle è ancora calda di vita
Tutti vorrebbero incanutirsi
al suono dolce di un violino
che culla le proprie rughe
insieme al sonno del nipotino;
ma nella Corsa che ognuno vive e sfida
i sentimenti muoiono
tra le erbacce che invadono l’anima
ed ognuno esilia la propria vita
come isola eterna, solitaria e nuda
e piangente s’attarda
sul far della sera
a raccogliere sassi da mettere sul cuore
mentre, terribile, il Desiderio… muore!
5° classificato
Floriano Mangiantini
A mio padre
Ti ho cercato su pendii di montagne scoscese,
Ti ho cercato nel profondo silenzio del mare
Ti cerco nelle parti più nascoste dell’anima
Ti cerco negli affetti mai sopiti del mio cuore
Ti troverò un giorno fra le stelle.
6° classificato
Carlo Leoni
Siamo tutti uguali
Nel cielo il tuo sguardo cerca il confine,
tra quello che vedi e quello che provi.
Ti perdi, ti confondi, ti senti così niente,
dal cielo guardi il mondo e vedi tanta gente,
sei uno di loro, uno dei tanti,
ma quale tra tutti quanti
Siamo tutti uguali visti da lontano.
Siamo tutti uguali dietro una maschera.
Siamo tutti uguali nei nostri discorsi.
Siamo tutti uguali nei nostri sogni.
Diversi ci scopriamo solo quando amiamo,
la maschera cade, i discorsi son fatti,
i sogni son vivi e non siam più come tanti.
Ora siamo diversi, unici e rari,
per chi ci accompagna nei nostri passi,
per chi ha trovato nel suo cuore
il posto migliore per il nostro amore.
7° classificata
Adriana Scarpa
L’inverno adesso sale
È quando
ti grava addosso il peso del tempo
quando
sopra le pagine del diario
più non sai cosa scrivere
che le speranze scivolano di mano
e il gelo ti entra nelle ossa.
Giacciono insieme
sulla terra secca le cicatrici
e il grillo morto
e la storia consumata.
Ogni passo costa fatica
il respiro è diventato sibilo.
Ti accorgi
che sei rimasto con le mani vuote
e la pelle è rigida corteccia.
Si sono perduti i messaggi
ora ti trovi solo
col tuo tempo tramutato in cenere.
Non importa che inventavi favole
e hai scontato la vita
guidando il girasole con le mani.
Ormai più non brillano gemme
nei tuoi occhi.
L’inverno adesso sale
col suo ritmo quieto di pendolo
e voleranno via – come foglie – le pagine rimaste intatte
del tuo diario.
Prima che le porte si chiudano frusciando
e si dissolva, dietro, ogni miraggio
l’ultimo atto sarà il tentativo
di catturare nello sguardo
anche una scheggia soltanto
di sole.
8° classificato
Lorenzo Rovere
Vetri opachi
Ero nell’attesa di vedere
oltre il vetro della finestra
sorgere un sole diverso:
non più pallidi lumi tra rami intrecciati
ma raggi dorati e calore vivo
a sciogliere la nebbia
che lentamente osava velare
l’aria fresca del mattino.
Volevo guardare l’aureola luminosa
che circonda quella fiammella tremolante
che sembra spegnersi
dopo ogni folata di vento,
ma che è invece sempre lì
vivace e brillante
capace di illuminare il mio spazio
ove il pensiero sembra svanire lontano
tra vele gonfiate
dal vento del nord che freddo spira
per spingermi tra rocce acute e taglienti.
Ed il lieve alone si è fatto fiamma
e la fiamma è divenuta falò
che divampa nel campo
popolato delle parole
pensate e non scritte
e delle note
suonate e non udite
ma lasciate libere di scivolare
nella corrente ascensionale della sera
che quel falò esprime
per ritornare ad appannare
quel vetro della finestra
che il mio sguardo
non riesce ad oltrepassare
9° classificato
Antonio Amenta
Il tempo del dolore
L’inverno era buio, fitto e gelido,
sentivo dentro me l’incedere del freddo, lasciarmi senza respiro,
non avevo mezzi per contrastare l’arrivo del gelo.
Provai a chiudere porte e finestre,
la tempesta arrivò egualmente a squarciare le deboli
difese della mia casa senza tempo.
Le porte si spalancarono e l’inquietudine assalì mente e cuore,
come resistervi, dicevo tra me, come spiegare il perché di ciò.
Presto sopraggiunse l’estate,
mi colpì con la stessa forza dell’inverno,
il calore insopportabile mi dilaniava, ed io soffocavo.
Recava con sé gli amari frutti di solitudine e ricordi lontani.
Rammento ancora oggi il dolore dell’esperienza.
Come pianta senz’acqua sentivo appassirmi dentro,
ed in tutto questo non trovare ragioni.
Perché tristi stagioni dell’anima mia, recate così tadolore?
Le mani coprivano il mio volto,
le lacrime rigavano il viso,
la schiena curva sotto il peso della sofferenza,
il dolore sordo ed inesprimibile avvolgeva tutto il mio essere.
Lo sguardo sempre più triste,
ciò che era forza divenne debolezza.
Con un gesto disperato spalancai le porte all’autunno
ed egli venne in mio soccorso spogliandomi di ogni cosa,
come albero senza più foglie, rimasi nudo.
Il vento soffiò recando con sé un nuovo spirito,
ebbi paura, ripensai al gelido inverno, ma non fu così,
sentii dentro di me spazzare via ogni resistenza.
Come preludio ad un’altra stagione, venne il tempo nuovo,
e la mia mente fu docile ad assecondare la direzione del vento.
Egli mi condusse fuori dalle amene stanze della mia
prigionia,
mi portò con sé a vedere orizzonti nuovi mai solcati prima,
mi posò dolcemente su di un campo.
Il profumo dei fiori, il colore del cielo, il tepore del sole,
il rumore di corsi d’acqua.
Tutto sembrava annunciare l’arrivo della primavera.
10° classificato
Giuseppe Carnabuci
Memorie
S’attardano
le ore della memoria
in un ridestar
vigile
di mille
rimpianti.
Nella quiete
che ristora
di silenzio,
pensieri
relegati
tornano
a raccolta.
Tempo
è passato,
tra luci
ed ombre,
in una giornata
senza fine:
orpelli
caduti
in disuso,
spariscono
alla rinfusa.
Sono rimasti
solo gli schemi
di disegni
perduti,
mai raccolti,
mai approfonditi,
tracce
d’un passato
scomparso
che ritorna
a chiedere
chi sono.